Lo la tettona vogliosa
La compagnia di alcune tipe è sempre irresistibile: quella di Lo è proprio unica e focosa. Non è, lei, una di quelle ragazze alle quali si salterebbe subito addosso: ma quando inizia a prenderti, poi, non riesci davvero a resisterle. Soprattutto, se te la ritrovi di fronte ogni giorno al lavoro e sai che, prima o poi, capiterà quello che si desidera: fottere ardentemente alla faccia di colleghe fighe di legno e colleghi sfigatissimi che parlano solo e non combinano nulla.
Ad ogni riunione, Lo mi lanciava sempre occhiate vogliose. Dietro i suoi occhiali, c’era tutta la voglia di trasgressione: e i suoi occhi brillavano della luce di chi ama trombare e non si fa mille pregiudizi sugli altri. La vedevo mordicchiarsi le labbra, sfregando pian piano i denti, e poi la osservavo fissare l’orologio. Sembrava che non vedesse l’ora, ogni volta, che le riunioni finissero e venisse il tempo di andare in pausa per intrattenersi in modo piacevole con gli altri presenti.
Poi, questo venerdì, qualcosa è cambiato. Anziché ascoltare le parole della direttrice, durante la riunione, Lo teneva le mani sotto il tavolo e si toccava lì. Poi, mi mandava dei messaggi su WhatsApp. “Ma quanto cazzo ha voglia di stare qui a parlare, questa?!” E tra un messaggio e l’altro, la vedevo eccitarsi sempre di più: si toccava tra le gambe, e poi, con la sua maglietta scollata, sembrava schierare le tette come due meloni maturi al punto giusto.
Di tanto in tanto, ci lanciavamo delle occhiate provocatorie. Lo faceva l’occhiolino, e poi, cercava di tornare a fingere di ascoltare la direttrice. Io, invece, cominciavo a scaldarmi sempre di più: mi stava venendo veramente voglia di fotterla. Ad un certo punto, pure io fingevo quasi di voler ascoltare le parole della nostra direttrice, ma in cuor mio, non vedevo l’ora che tutta quella storia arrivasse alla fine.
La pausa pranzo, infatti, era praticamente dietro l’angolo: non mancava molto perché potessimo finalmente dileguarci. Però, noi avevamo ben altri progetti: e quando la tipa ha finito di parlare, finalmente, è arrivata l’ora di andarsene a mangiare. Lo mi ha lanciato uno sguardo e, senza che potessi dire nulla, mi ha chiesto “che ne dici se facciamo pausa pranzo qui?” e io “hai portato qualcosa per oggi?” e lei “No… Però, ho in mente di andare a mangiare di là…”
In quel momento, Lo si è data un morso al labbro, deciso. Vedendola così provocante, mi son chiesto se non avesse davvero voglia di lasciarsi andare. I colleghi e le colleghe se ne stavano andando via, perché la nostra direttrice aveva anche deciso di lasciarci liberi per quel pomeriggio. Quella è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso: avremmo avuto l’ufficio tutto per noi, senza rompipalle in mezzo alle scatole. Non ci sarebbe stata un’occasione migliore per divertirci in ufficio.
Senza perdere altro tempo, Lo mi ha invitato a seguirla in ufficio. Vederla camminare davanti a me, in quei leggings neri, con quel culo un po’ abbondante mi ha acceso ancor di più. Mi sembrava di essere un bengala pronto ad andare completamente a fuoco, esplosivo come non mai. Mentre stavamo camminando nel corridoio, ho deciso di mettere alla prova la sua natura di porca. Le ho dato una bella manata sul culo e, lei, non si è scomposta. Si è anzi voltata a guardarmi con uno sguardo felino, ormai in preda ai desideri più indicibili.
Per pareggiare i conti, mi ha dato una manata sulle palle. “ahia” le ho detto io, guardandola con un’espressione divertita. Lo mi ha fissato e poi ha detto “sbattimi come una troia, dai” Quando l’ho sentita, non ci potevo quasi credere. Però, non mi son fatto pregare due volte e l’ho sollevata di peso, portandola in ufficio. Senza tanti complimenti, l’ho sbattuta sulla scrivania, e lì, è cominciato il nostro gioco focoso. Le toccavo le tette, e poi, le sfregavo le mani sulla figa, ma sopra i leggings.
Avevo voglia di provocarla, di vederla eccitarsi. Lei mugolava, si lasciava fare, e poi provocava a sua volta “dai, sfasciami per bene, non vedo l’ora” Io l’ho sculacciata un po’ e, poi, le ho toccato di nuovo quelle belle tettone “dai, fammele toccare, dai, Lo” E lei a quel punto si è lasciata andare ancor di più “sì, mettilo tra le mie tette, fammi giocare con il tuo cazzo” E mentre sentivo quelle parole, pian piano, cominciavo ad eccitarmi veramente, pensando a quanto fosse bella l’idea di farlo lì.
Dopo tutte quelle ore trascorse a sentir parlare, io li avevo pieni di sborra e lei, non vedeva l’ora di sentirselo tra le mani. In quel momento, mi son levato le scarpe senza slacciarle e, poi, ho sfilato pantaloni e mutande. Con il cazzo penzolante, mi son avvicinato a Lo e gliel’ho dato. Tra le dita della sua mano, morbida e vogliosa, mi son lasciato andare alle sue carezze. E nello stesso tempo, le ho sfilato del décolleté e poi i leggings e il perizoma. Era già esplosiva e bagnatissima, non vedeva l’ora probabilmente di sentirmi su di lei.
Quindi son montato sulla scrivania, e poi, su di lei. E ho lasciato scivolare il mio cazzo tra le sue tette vogliose, perché ero ormai pronto ad esplodere. Sentirmi il cazzo stretto tra quelle meravigliose poppe era una sensazione unica. Mi eccitava da morire, tant’è vero che già mugolavo mentre si divertiva a stringere il mio cazzo proprio lì al calduccio. Quel momento spettacolare mi ha fatto trasalire dal piacere e, per un istante, mi è sembrato di aver perso quasi la cognizione del tempo.
Quando ho sentito aprirsi la porta dell’ufficio però mi son subito reso conto di quello che stava per succedere. La direttrice non se n’era andata e, anzi, era lì a pochi metri da noi. Senza che potessimo accorgercene, lei era nell’altra stanza e ci sentiva: così quando è entrata ci ha subito sgamati. “Lo, Paolo: che cazzo state facendo qui? Non è casa vostra…Siete due stronzi, poi…” E noi “scusa, Claudia, ma non sapevamo…” e lei “non sapevate un cazzo, sapete che casino salta fuori se se ne accorge qualcuno di quelli là? E poi, potevate pure invitare…”
Quelle parole sibilline ci hanno lasciati entrambi perplessi. “Come invitare?” E lei ha risposto “certo, dove si gode in due, si gode anche in tre…O no? Pensate che abbia voglia solo di parlare alle riunioni? Ne ho piene le palle come voi…” E in quel momento ci siamo resi conto di come lei non fosse assolutamente diversa da noi. Quando le abbiamo detto “vuoi farlo con noi?” lei ha detto “esatto, fate godere anche me” e già si era svestita per metà, mentre io mi eccitavo ancor di più.
Dopo che Lo mi aveva ben torturato il cazzo con le sue tette, ora, era venuto il momento per farmi una bella scenetta a tre pure con Claudia. Trovarsi due gnocche vogliose in un solo colpo, era la più fortunata delle combinazioni che potessi immaginarmi. Quando Claudia senza troppi fronzoli me le ha fatte vedere, belle sode e pronte ad essere fottute, non ho più capito nulla: e così, con Lo, ha fatto a gara per arraffarsi il mio cazzo e farmi impazzire dal godimento.
Quando Claudia si è sistemata di fronte a me a pecorina, incitandomi a fotterla, non mi sono fatto pregare più di quel tanto. Al suo fianco, mentre la trombavo, c’era Lo che attendeva il suo turno. E così, dopo aver fottuto per un po’ la figa della mia direttrice, mi son anche trombato la gnocca della collega. Lo godeva rumorosamente, ansimava come una troia, mentre io mi eccitavo a più non posso e afferravo le sue tette generose. Mi aggrappavo a quelle poppe, mentre lo spingevo dentro di lei.
Claudia, poi, reclamava il suo turno. E allora, dopo averlo sfilato da Lo, passavo a trapanare la mia capa, vogliosa come una cagna in calore. Tra le due, non sapevo esattamente chi volesse farsi sfasciare più violentemente. Ad ogni cambio di figa, i ceffoni sulle chiappe si facevano sempre più rumorosi, così come le tette erano sempre più arraffate vogliosamente, senza dare scampo a nessuna delle due zoccole vogliose di cazzo come poche.
A forza di sbattermele entrambe, non sapevo più come resistere allo stimolo sempre più forte di sborrare. Mi facevano godere come un riccio, non si tiravano indietro, però, dentro di me ero combattuto. A chi avrei potuto dare la mia bella sborra? Alla mia capa, vogliosa come una cagna, oppure alla mia collega Lo? Chi l’avrebbe presa a male, se non fosse stata innaffiata da me? La mia collega, pensavo, era la mia vera amica: la capa, non era altro che una puttanella pronta a darsi al primo cazzo.
Così, ho deciso che a prendersi la mia sborra bella calda sarebbe stata Lo. Prima che potessi essere pronto davvero a venire, l’ultima stantuffata l’ho quindi data alla sua bella figa bagnata. Dopo averlo messo dentro, e spingendolo tutto fino in fondo, all’ultimo, l’ho estratto e l’ho messo tra le sue mani: segandomi, Lo, mi ha fatto sborrare sulla sua faccia in modo abbondante, assaporandosi tutto il mio seme caldo.
Claudia ha voluto condividere la felicità di quel momento arraffando il mio cazzo e, poi, ripulendolo dalle ultime gocce. Entrambe avevano avuto il caldo seme da assaporare: e io, in quel momento, mi ero lasciato alle spalle tutto lo stress della settimana. Sapevo, in cuor mio, che quell’avventura non sarebbe certo stata l’ultima…
Lo la tettona vogliosa, di Paolo di Milano
Prima edizione: aprile 2021, by Atlantia Media.
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